Il castello “castrum Vici”, già esistente nell’ XI secolo era di proprietà dei Normanni. Ne abbiamo notizia attraverso diverse fonti scritte, la prima menzione è contenuta in un documento del 1113; un ulteriore notizia si trova in un documento del 1144 in cui la Chiesa di San Pietro Apostolo “supra montem, prope castellum Vici”, viene donata dal cavaliere normanno Enrico de Ollia ai canonici di San Leonardo. Un’altra testimonianza si trova in un documento del 1149 dove il castello viene citato da Cristofano, abitante del castello di Vico.
Il tracciato delle mura è visibile solo a tratti in quanto al castello risultano addossate costruzioni realizzate nei secoli successivi. La merlatura, dove esiste ancora, sembra essere quella originaria. Sotto un arco l'entrata e dentro, un cortile ampio sul quale si affacciano gli ingressi alle stalle ed ai magazzini, oggi un ristorante ed appartamenti. Motivi di difesa sono alla base del primo impianto del complesso, che in età sveva viene ampliato ed adattato a sede di caccia.
Nel 1292 Teodisco de Cuneo maestro dei balestrieri, uomo d'armi, provvede Vico di un organizzato sistema di difesa con una cinta muraria guarnita di circa venti torri che inglobano la citta che a quei tempi consisteva dei quartieri di Terra e Civita.
Nel Rapporto di Valutazione del 1726 del feudo di Vico si legge: "La maggior parte di essa che forma il pieno di detta terra sta racchiusa da mura ad uso di fortelizio, ripartito di quando in quando da torri rotondi e quadre ... dei quali mura non si permette altro ai cittadini, che l'entrare ed uscire a detta terra per una sola porta ... questo ad oggetto di impedire qualche incursione dei Turchi che per l'addietro si dice essere giunti fino al recinto di detta terra." Persone ritrovate fuori casa di notte venivano incarcerate ed obbligate al pagamento di una sanzione di 6 ducati.
Questo palazzo signorile introduce a Vico una parentesi “fiorentina". Voluto all'aprirsi del secolo XX da Don Ignazio Della Bella, il progetto si ispirava al modello trecentesco neo-gotico di Palazzo Vecchio in Piazza della Signoria a Firenze. Su due piani scanditi da cornici marcapiano e coronati da una merlatura a coda di rondine, il Palazzo della Bella presenta due corpi di fabbrica lungo Salita Della Bella e due antiche torri circolari. Sul sito dell'originaria torre d'angolo, di cui la famiglia Della Bella conserva documentazione fotografica, svetta oggi un'imponente torre quadrata.
di Vico nei prssi della Chiesa di San Giuseppe. Largo non più di 50 cm e lungo meno di 30 m, è luogo di incontro degli innamorati che, soprattutto durante la festa patronale di San Valentino del 14 febbraio, si danno appuntamento nel vicolo. Ai vecchi tempi era assolutamente tabu per i giovani single incontrarsi, a parlare o a toccarsi, figuriamoci a baciarsi. Questo vicoletto stretto presentava la scusa perfetta per fare tutte queste cose ed è stato quindi soprannominato Vicolo del Bacio.
In fondo al vicolo, sulla sinistra, c'e una piazzetta dove si trova il pozzo dei desideri. Durante i giorni di festa, in particolare il giorno di San Valentino, i visitatori possono scrivere un desiderio su un foglietto e lasciarlo cadere nel pozzo. I desideri, anonimi o firmati, vengono poi raccolti e pubblicati in un libretto.
Alto 17 metri e con la circonferenza del tronco di circa 5 metri, questo albero è uno spettacolare leccio secolare (quercus ilex) posto davanti alla chiesa e convento francescano di Santa Maria degli Angeli. A trapiantarlo nella sua attuale posizione fu fra Nicola da Vico che morì nel 1719, in età avanzata.
Attiguo al convento e alla Chiesa di Santa Maria degli Angeli, un piccolo parco di lecci (quercus ilex) ricorda i cittadini vichesi che non tornarono dalla guerra. Ogni albero porta una targghetta con il nome di uno dei soldati caduti. Dal parco si gode di una splendida vista su valli di uliveti e boschi che si estendono fino al mare presso Baia di Calenella, la Foresta Umbra e Peschici.
In Piazza San Domenico, davanti al Municipio e alla Chiesa dei Santissimi Apostoli Pietro e Paolo, sorge il monumento ai cittadini caduti di Vico del Gargano. Cittadini che partirono per combattere per la loro patria ma che non tornarono mai più.
In Piazza Caduti nelle Missioni Internazionali di Pace all'Estero un secondo monumento è stato eretto per commemorare i soldati caduti nei conflitti più recenti.
Situata presso la rinomata località balneare di San Menaio, nel Comune di Vico del Gargano, la Torre dei Proposti fu edificata nel XIV secolo, probabilmente in epoca normanna, e fortificata nel 1569 in occasione del rafforzamento delle difese costiere dell'Adriatico meridionale. Indicata come Torre di Menna nella relazione della visita pastorale (1678) del Arcivescovo di Manfredonia, Cardinale Orsini (in seguito papa Benedetto XIII), l'edificio è ora conosciuto anche come Torre dei Doganieri.
Del secolo XVI, la torre di avvistamento di Monte Pucci sovrasta la baia di Calenella e segna il confine tra i territori di Vico del Gargano e Peschici. Con viste spettacolari sulla costa garganica, da Peschici a San Menaio, Rodi Garganico e oltre, alle Isole Tremiti e Dalmate, al Massiccio della Majella e alle cime del Gran Sasso dell'Appennino Abruzzese. Cio che lo rende particolarmente speciale e il fatto che e rivolto direttamente a nord e da qui e possibile, in estate, vedere il sole sorgere e tramontare sullo stesso mare; e le sue mura ospitano annualmente una profusione di Campanula Carganica.
Torri di avvistamento, allo scopo di contrastare l'attività ostile dei pirati e dei corsari, furono costruite in posizioni costiere strategiche tra 10 km e 30 km l'una dall'altra, a seconda della natura della costa. Ogni torre era posizionata in vista delle due torri ai suoi lati, creando così un cordone di difesa ininterrotto. Avvistamenti sospetti furono annunciati tra torri con colonne di fumo di giorno e torce fiammeggianti di notte e la guarnigione militare più vicina allertata da veloci cavalieri.
In tempi più recenti, le torri erano usate per vigilare sui contrabbandieri ma poi caddero in rovina. Alcuni (Calalunga, Portonuovo, San Felice, Torre Petra, Monte Pucci) rimangono più o meno intatti ma altri (Sfinale e Calarossa) sono ruderi. Sebbene non sia possibile visitare la Torre di Monte Pucci, ogni tanto qualche troupe cinematografiche la ritiene un ottimo "set".
Il museo ha sede in Piazza Castello, nel quartiere Casale del borgo medievale. All’interno di un antico frantoio ipogeo risalente al secolo XIV, il trappeto era di proprieta privata delle famiglie nobili di Vico. Lo spazio, in gran parte scavato nella roccia, e oggi un'importante vetrina sulle origini della cultura locale; basata sulla coltivazione dell'olivo la sua stessa esistenza è testimoniata nel trappeto.
In fondo alla scalinata in pietra, a sinistra, si trova la macina. Con due macine circolari in roccia carbonatica, il frantoio era un tempo azionato da buoi che camminavano in tondo per ridurre le olive in poltiglia. A destra, un ampio vano con ciò che resta degli enormi torchi in legno e vasche di pietra dove l’olio e l’acqua ottenuti dalla polpa delle olive pressata venivano raccolti ad attendere la decantazione. Attigua alle principali aree di estrazione dell'olio d'oliva si trovano un magazzino, una stalla e una cucina monacesca. All'interno del museo vi sono numerosi vecchi strumenti utili alla produzione dell'olio, al lavoro agricolo e alla produzione del vino, oltre a una varietà di oggetti di uso quotidiano.
Aperto tutti i giorni in luglio & agosto: 17.00 -21.00
L'ingresso e gratuito, tuttavia i contributi sono sempre ben accetti.
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